CHI SONO
Teresa Stankiewicz –
Nata in Polonia, si e’ diplomata al liceo artistico e successivamente specializzata nel restauro degli arazzi e delle stoffe. Dopo aver provato diverse tecniche di pittura, l’artista si e’ innamorata della pittura a olio e ha deciso di indirizzarsi verso questo genere. In Italia dal 1989, Teresa Stankiewicz nutre una forte passione per il mare, che raffigura nella maggior parte dei suoi quadri.
Le sue opere fanno parte di collezioni private sia in Italia che all’estero.
“In un solare mattino di maggio, in concomitanza con un’importante rassegna collettiva di pittura
contemporanea, fra le piu’ autorevoli presenze espositrici, abbiamo incontrato Teresa Stankiewicz,
eccellente artista figurativa, dotata di innate valenze estetiche deputate ad esorcizzare il fascino
discreto del colore.
Un colore caldo e suadente, distribuito amorevolmente con saggezza antica, attraverso rapide
pennellate capaci di lasciare esplodere la romantica sinfonia del paesaggio mitteleuropeo, con
particolare riguardo alle irruenti marine tempestate dal vento. E’ bastato un rapido squadro rivolto
alle opere selezionate della valente pittrice polacca, per riconoscere d’istinto e condividere l’immane
bellezza del mare, inteso come vera e propria trasposizione onirica dell’istanza esistenziale della
vita.
Una tavolozza, la sua, impreziosita dagli azzurri cobalto, dai verdi smeraldo, dagli intensi turchini e
dai tenui ocra, che nella loro materica coesistenza, enumerano altrettanti capitoli iconografici intrisi
di emozione.
E a tal proposito ci par giusto aggiungere i riferimenti ai significativi assunti che la pittrice ha dedicato al suolo natio, laddove il bianchissimo manto delle nevi solcate dalla slitta, lascia rifluire purissimi ricordi.”
critico d’arte
Aldo Albani
Le opere della Stankiewicz sono oli su tela raffiguranti marine. Dunque marine non identificabili in un luogo ben preciso ma ideali, orizzonti umorali, presagi intimi della nostra condotta. Tentare di recensire una sua opera mi è sembrato un poco come cercare di arginare il mare. Sono infatti arrivato alla conclusione che è solo possibile descriverne una “concezione speciosissima dell’opera” (come direbbe Pirandello), ovvero una concezione molto allettante ma sostanzialmente inconsistente. Il mare infatti ha sempre attratto tutti, perché il mare ha una sua anima, e come tutto ciò che è animato diventa ai più incomprensibile, incalcolabile. Il mare evoca in noi dubbi, profezie ancestrali, domande esistenziali. Quando Sartre sente la realtà attraverso un ciottolo, stretto nella propria mano, ne rimane scosso per il senso di vuoto percepito (da li la Nausea). L’essenza delle cose, tra le quali noi viviamo, è vuoto. La stessa sensazione è percepibile osservando queste onde, vuote nel loro essere infinite, senza definizioni ne identità propria. Non è quindi la sensibilità ciò che ci contraddistingue dagli altri uomini, ma il modo in cui reagiamo a ciò che la nostra sensibilità percepisce. Quindi la sensibilità è strumentale al raggiungimento di una visione della realtà ontologica e gnoseologica vuota. Il mare rimane un mistero, come ciò che si ribella alle contingenza monetarie di cui la terra ferma è intrappolata. Nelle onde si ricerca ancora l’essenza, le origini, in quel liquido amniotico ci ricongiungiamo nella creazione. Pirandello alla fine della sua poetica giunge, con amarezza, al relativismo, tutto è relativo, l’unica soluzione è continuare a fluire in una incomprensibile esistenza, come il mare, senza più tentare di definire.
Giovanni Negri